La vestale di Satana (Le Lèvres Rouge, 1971, Harry Kümel)



Il cinema vampiresco ci accompagna in vario modo da sempre. Pensiamo al "Nosferatu" di Murnau del 1925, al "Dracula" di Browning del 1931, fino ad arrivare alla pellicola diretta da Francis Ford Coppola nel 1992, ai vari "Twilight", passando per i classici della Hammer.

Ci sono in tutti questi film varie interpretazioni del mito, quello classico codificato da Stoker che ci ha raccontato del Conte Dracula, quello al femminile il cui testo di base può essere considerato "Carmilla" di Le Fanu, fino ad arrivare ai vampiri di Anne Rice e alle variazioni più o meno riuscite in stile "Twilight".

In ogni tipologia di racconto però è sempre risaltato il tema dell'eros accompagnato all'horror. Ed anche questo tema ha avuto le sue declinazioni. 

Nel caso del film in questione parliamo della declinazione saffica del mito. Protagonisti del film sono Delphine Seyrig, nei panni della Contessa Bathory, John Karlen nei panni di Stefan e Danielle Ouimet che interpreta sua moglie Valerie.


La coppia in viaggio di nozze si ferma a Ostenda in un albergo vuoto in bassa stagione. Sono in viaggio per l'Inghilterra dove Stefan dovrebbe presentare la moglie alla propria madre. Fin da subito l'uomo sembra nascondere qualcosa e fa di tutto per non presentare la sua sposa alla "madre" (personaggio che scopriremo essere un travestito). Ma non è questa ritrosia a porre dei dubbi sul personaggio maschile, bensì la sua propensione alla violenza, la fascinazione verso la morte e il sangue, e la conoscenza della storia di Erzsébet Báthory, della quale la Contessa che incontreranno in albergo si dice discendente.

La Contessa si presenta in albergo con la propria accompagnatrice Ilona, interpretata da Andrea Rau



E' subito chiaro che siano alla ricerca di vittime. Il portiere la riconosce e dice che in 40 anni non è cambiata affatto. A questo si unisce il fatto che nelle città vicine si siano susseguiti una serie di omicidi ai danni di giovani donne alle quali è stato tolto tutto il sangue.

La Contessa avvicina senza mezzi termini la coppia e comincia un gioco di seduzione sia nei confronti del marito, affascinato dalla discendenza della Contessa con la quale condivide l'eccitazione nel ricordo di Erzsébet Báthory, una serial killer esistita realmente tra il 1500 e il 1660, rea di centinaia di omicidi di giovani donne che torturava e dissanguava, per poi bagnarsi nel loro sangue o berlo convinta che le desse l'eterna giovinezza.


Valerie, che succube del marito ne subisce anche la violenza, decide di scappare, ma viene trattenuta e ammaliata dalla Contessa che, nel frattempo, ha inviato la fedele Ilona a sedurre Stefan. Ilona morirà accidentalmente ferendosi con il rasoio dell'uomo. Di lì in poi il piano della Contessa, che uccide l'unica persona che blandamente sembra accusarla degli omicidi degli ultimi tempi, un poliziotto in pensione, sarà in discesa. Una discesa che la porterà verso la fine.

Il film di Kümel si avvale delle ottime interpretazioni di tutti gli attori, dall'algida Seyrig alla bellissima Rau, come anche di una scenografia data da una inquietante Ostenda in pieno inverno. A questo aggiunge l'intelligente idea di dissolvenze non in nero, come vediamo di solito, ma in rosso che vanno a caratterizzare ancor di più i passaggi tra i vari momenti del film, come titoli non scritti di altrettanti capitoli. Ci sono tutti gli stilemi legati al vampirismo: paura della luce del giorno, dell'acqua, il mancato riflesso del volto nello specchio. Manca però l'ostentazione dei classici canini appuntiti.
Il lato erotico della vicenda è sempre presente e la tensione che si sente in tal senso nei confronti della Contessa passa da Ilona a Valerie in una doppia scena girata praticamente alla stessa maniera.

 

Il finale risulta essere un po' fine a se stesso, ma nulla toglie alla visione di un ottimo film.

Una curiosità. Il film è una coproduzione franco-belga-tedesca, ma è girato in inglese.
Nel DVD italiano edito dalla Sinister Film si hanno come lingue l'italiano e il francese. L'italiano è purtroppo rovinato da un costante fruscio di fondo (e dall'idea dal sapore fascista di tradurre in italiano anche i nomi), mentre il francese, comunque preferibile, è leggermente fuori sincro in più punti.

Assurdo, come spesso accade, il titolo italiano.

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